All’inizio degli anni ’80 il 67% degli studenti delle superiori sceglieva in Italia la formazione professionale. Oggi la percentuale è scesa sotto il 30%.
Cambiano i tempi e le scelte formativa cambiano di conseguenza, ma i numeri appena enunciati devono far riflettere: in Italia siamo in deficit di laureati, ma siamo carenti anche sul fronte della qualificazione professionale. Segna il passo soprattutto la formazione scientifica e tecnica, proprio quella che potrebbe aprire in modo diretto la porta d’ingresso nel mondo del lavoro.
L’istruzione e formazione professionale ha perso terreno anche il Lombardia e viene troppo spesso considerata come una sorta di ripiego al cospetto di una formazione liceale che dovrebbe rappresentare la via maestra per il futuro dei giovani. La realtà ci restituisce uno scenario diverso, con una grande domanda di competenze tecniche e tecnologiche che il nostro sistema formativo non riesce ad esaudire.
Se ne è parlato a Milano in un convegno promosso dalla Provincia che, se ha avuto il merito di porre in evidenza l’argomento, ha segnalato tutti i limiti di un sistema che non funziona a dovere.
La dirigente dell’Ufficio Scolastico provinciale di Milano Giuliana Pupazzoni ha parlato degli istituti tecnici e professionali come di un vero e proprio giacimento di cultura che va valorizzato e che deve investire sulle nuove tecnologie. Parole conidvisibili e persino affascinanti, che devono però fare i conti con la situazione degli istituti che in Lombardia offrono formazione e istruzione professionale. Non siamo all’anno zero ed è vero che esistono situazioni di grande positività ed eccellenza, permangono però molti casi di strutture assolutamente inadeguate come spazi e come dotazioni tecnologiche. Altra nota dolente è il rapporto con le imprese. Negli anni ’50 e ’60 era proprio questo il segreto del successo italiano, ovvero uno stretto collegamento tra il percorso formativo e un mondo del lavoro che cercava (e trovava) professionalità in grado di costruire prima e sostenere poi il boom economico e industriale. Oggi i due mondi paiono non parlarsi e non sono certo poche eccezioni virtuose a poter sovvertire un giudizio preoccupato sull’intero comparto formativo.
Non basta riformare la scuola (magari anche solo per risparmiare), serve un nuovo progetto che colleghi formazione e mondo del lavoro. Il ruolo delle istituzioni è fondamentale in questa partita. Non possono limitarsi agli auspici, devono costruire le condizioni perché il percorso formativo professionale abbia sbocchi concreti e torni ad assumere una dignità che negli anni ha perso. Anche la formazione e l’aggiornamento dei docenti riveste un ruolo strategico: gli istituti tecnici e professionali devono scrollarsi di dosso la nomea di soluzione di ripiego per chi non riesce a entrare nel più ambito circuito formativo liceale.
Vero! Oppure capita, come al Galilei di Milano, che ci siano ottimi laboratori e buone idee nei contatti con le aziende (per gli studenti di 5°), ma che siano state tolte da quest’anno le ore per poterne usufruire. Particolare questa riforma, no?