La privatizzazione dell’acqua può attendere. Almeno fino a settembre.
Pare essere stato questo l’orientamento della Giunta regionale lombarda che, dopo le anticipazioni giornalistiche dei giorni scorsi, non ha inserito nell’ordine del giorno della sua ultima riunione pre-ferie l’approvazione del progetto di legge che dovrebbe recepire il cosiddetto decreto Ronche che prevede l’obbligo dell’affidamento a soggetti privati di almeno il 40% della gestione dell’acqua. Secondo quanto si apprende, la responsabilità della gestione delle acque pubbliche passerebbe, nelle intenzioni della Regione, dagli ATO (ambiti territoriali ottimali, ovvero consorzi tra comuni) alle Province con esautoramento gestionale di fatto dei comuni (che manterrebbero la proprietà patrimoniale della rete idrica). La Giunta potrà sempre dire di non aver avuto intenzione di forzare i tempi e la mano, sta di fatto che la mobilitazione che ha portato all’invio di oltre 3000 mail agli assessori e al presidio di ieri pomeriggio davanti al Pirellone sembra aver, se non altro, ottenuto il rinvio a settembre della questione. Rimane in campo una domanda: perché la Regione ha tutta questa fretta di recepire il decreto Ronchi mentre altre realtà hanno scelto una linea di attesa e prudenza di fronte al milione e 400mila firme per il referendum e ai ricorsi che dovranno essere esaminati dalla Corte Costituzionale? C’è un’altra questione che riguarda coloro che hanno raccolto le firme e gli enti locali che manifestano perplessità su più di un aspetto del decreto: la sensazione è che si vada in ordine sparso e che ci si parli poco. Compito delle vacanze: riallacciare i collegamenti tra coloro che hanno manifestato la voglia di difendere la dimensione pubblica dell’acqua, soprattutto comuni e comitati per l’acqua pubblica. Il PD potrebbe assumersi il ruolo di tessitore di questi rapporti, senza voler mettere il proprio sigillo sulla questione, ma in uno spirito che potremmo definire di rappresentanza e responsabilità civile. Il fatto che all’interno del PD (soprattutto a livello territoriale) non ci sia totale identità di vedute sulla faccenda potrebbe essere una garanzia di dibattito e pluralismo, sempre che ci sia la voglia di confrontarsi in modo non ideologico sull’intera vicenda della gestione dell’acqua. A questo proposito, permettetemi un’ultima notazione, forse un po’ birichina. Al presidio di ieri erano presenti quasi più bandiere (non del PD) che persone, testimonianza della volontà di partiti e movimenti di mettere il cappello su una questione che dovrebbe rimanere popolare e diffusa.
LA PRIVATIZZAZIONE PUO’ ATTENDERE
5 Agosto 2010 di fabio pizzul
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