A PROPOSITO DI MANOVRA

22 Giugno 2010 di fabio pizzul

Mentre si è appena concluso il Consiglio Regionale sulla Manovra Finanziaria, pubblico qualche mia considerazione in merito.
In Consiglio non si è raggiunto un accordo su un ordine del giorno comune.
L’unica cosa su cui si è d’accordo è la protesta contro i tagli cui ha dato voce nei giorni scorsi il presidente Formigoni. Per il resto, tanti distinguo la riaffermazione della necessità della manovra, ma anche scarsa consapevolezza che quello che serve è un messaggio all’insegna di un possibile sviluppo. Formigoni, in sintesi, predica quanto segue: la manovra va bene, i numeri non si possono cambiare, ma l’importante è che la Lombardia non paghi troppo.

Da qui le mie considerazioni, chiedo scusa se sono insolitamente lunghe.

Guardando la Manovra dalla Lombardia, non si può non notare un difetto che ne mina alla radice l’efficacia: manca una strategia di crescita. Fatto gravissimo per un Paese come il nostro che è  che cresciuto meno degli altri negli ultimi vent’anni. Il rischio è quello di  far coincidere la politica economica con la politica di bilancio che rimane, in realtà solo una parte, pur necessaria dell’intera politica economica.
Il controllo dei conti è fondamentale, cosa che qui in Lombardia è stata fatta, ma ci vuole anche una capacità di guidare e promuovere una crescita sostenibile dell’economia.

Lo stesso controllo dei conti e delle spese è trattato però in modo bizzarro da questa manovra:  il Ministro dell’Economia negli ultimi due anni ha  lasciato aumentare la spesa per acquisti di beni e servizi di 14 miliardi (con un +12% a fronte di una contrazione del Pil nominale di quasi 2 punti percentuali) ed ora chiede tagli e risparmi a regioni ed enti locali che hanno già avuto la capacità di ridurre le spese mentre aumentavano quelle dei ministeri.
Non solo, nel rispetto degli aggiustamenti richiesti dall’Europa, la Manovra avrebbe dovuto puntare sulla crescita in termini strutturali, per tentare di smuovere i fattori che hanno determinato la caduta della nostra produttività totale.
Non vorrei che queste scelte fossero la conseguenza di una sostanziale sfiducia nelle capacità innovative dell’Italia e, in particolare, delle aree più avanzate come la Lombardia.
Invece di stimolare l’iniziativa e gli investimenti, l’intervento pubblico in economia si declina in forme discrezionali e dirigiste, funzionali a confermare consenso e a salvaguardare interessi particolaristici più che a migliorare le condizioni del mercato e ad attuare interventi selettivi e incentivanti di politica industriale. Siamo a una sorta di minimalismo corporativo che si pone l’obbiettivo di salvaguardare rendite di posizione e convenienze di interessi. La troppo breve stagione delle liberalizzazioni bersaniane dovrebbe essere ripresa.

La manovra avrebbe potuto allargare il proprio sguardo all’Europa e stimolare gli altri paesi a scelte coraggiose che una regione come la Lombardia avrebbe potuto guidare e promuovere, si è limitata invece a tagliare, senza il coraggio di una prospettiva per il futuro.
Manovra per molti versi inutile, dunque, ma anche purtroppo dannosa.

Permettetemi anche qui qualche esemplificazione, peraltro già ampiamente dibattuta nelle scorse settimane.
Ci troviamo di fronte a un intervento indiscriminato sul pubblico impiego, con un meccanismo che cancella ogni possibile riferimento all’incentivazione del merito, tanto cara a diversi esponenti dell’esecutivo e su questo possiamo essere d’accordo.  La Finanziaria, di fatto, dimezza il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e blocca il turn-over senza distinguere le specificità e le esigenze di ciascun ambito. Cito ad esempio non casuale la scuola e la sanità.
Anche se il Ministero propone numeri rassicuranti, sappiamo già di liste d’attesa per bambini che non potranno frequentare le scuole materne statali, senza avere alternative neppure dalle paritarie. A livello di scuola primaria assistiamo poi alla garanzia del tempo scuola, le cosiddette 40 ore, ma a uno smantellamento di fatto del tempo pieno, uno dei vanti, assieme al modulo (anche questo spesso ormai solo un ricordo) della nostra scuola primaria.

La manovra è  iniqua, come hanno sottolineato altri colleghi, anche sul fronte dei tagli, che colpiscono in misura insufficiente gli sprechi e le inefficienze, mentre tagliano in modo insostenibile i diritti dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, delle micro e piccole imprese.
Le Regioni a statuto ordinario sono chiamate ad uno sforzo difficilmente sostenibile:  i 4,5 miliardi di minori trasferimenti all’anno previsti si scaricheranno, come sappiamo, su una quota intorno al 15% del bilancio regionale, al netto della spesa sanitaria che potrebbe a sua volta essere in sofferenza.

Ma veniamo brevemente al capitolo che più deve preoccupare i cittadini. I  Comuni, già soffocati dai vincoli troppo rigidi del Patto di Stabilità Interno introdotti nell’estate 2008, dovranno ridurre ancora di più sia la spesa per investimenti, sia quella per i servizi sociali. Anche qui le conseguenze rischiano di essere gravi soprattutto in campi sensibili come le risorse per la scuola, per il diritto allo studio, per l’integrazione al reddito dei disoccupati, per l’assistenza agli anziani, per il trasporto pubblico locale, per il sostegno alle imprese, per l’edilizia pubblica.
Se non vorranno tagliare, i Comuni saranno costretti ad aumentare imposte e tariffe, ovvero a mettere le mani nelle tasche dei cittadini. E tutti devono sapere che se questo accadrà, gli enti locali sono solo gli incolpevoli esecutori di decisioni prese da un mandante ben preciso: il Governo sostenuto dalla maggioranza di centro destra.

Mi permetto di trattare un ultimo argomento: il recupero dell’evasione e dell’elusione fiscale. Al di là del fatto che i numeri ci dicano che queste pratiche sono più diffuse al sud che al nord, è un tema che merita grande attenzione. La stessa singolare decisione di considerare il frutto della lotta all’evasione come una posta non aleatoria della manovra mi sembra indichi, se non altro, la volontà del governo di fare sul serio.
E’ quello che speriamo tutti, anche perché alcuni provvedimenti tornano a proporre quanto già previsto dal Governo Prodi.?
Va in questo senso la re-introduzione della tracciabilità dei pagamenti.
A tal proposito, va ricordato che il Governo Prodi aveva introdotto 2 misure distinte: la soglia dei 5.000 euro in funzione antiriciclaggio (abolita dal Governo Berlusconi nel giugno 2008 ed ora re-introdotta) e la soglia, in graduale riduzione da 1.000 a 100 euro, esclusivamente per i pagamenti dei professionisti (il che significa che non sarebbe stata applicata per lo shopping dei privati).
Per una seria lotta sarebbe però necessario ripristinare le sanzioni all’evasione accertata (dimezzate nell’estate del 2008) ed  eliminare la protezione dai controlli fiscali assicurata agli oltre 200.000 grandi evasori che hanno beneficiato dello scudo fiscale a prezzi stracciati.
Perché non applicare poi il cosiddetto redditometro anche agli accertamenti sugli anni precedenti al 2009?
 Per rendere credibile e quindi efficace la lotta all’evasione, andrebbe poi eliminato ogni condono, più o meno mascherato. Mi pare che  la manovra contenga invece, nonostante le smentite ufficiali, il rischio di condono per gli “immobili fantasma” e per possibili abusi nuovi da realizzare entro il 31 dicembre 2010.
Anche in questo caso, il messaggio non va nella direzione che gli italiani auspicherebbero.

Per quanto detto fin qui, mi auguro davvero che le vibrate proteste di cui si è reso protagonista il presidente Formigoni possano trovare ascolto e che alcuni punti della Manovra possano essere migliorati e resi meno iniqui e dannosi. Permane comunque un giudizio negativo sull’intero provvedimento che non potrà essere mitigato da aggiustamenti anche sostanziosi. La manovra deve comunque essere migliorata per rispetto dei cittadini, degli enti locali e delle imprese, su questo fronte il contributo del Partito Democratico non mancherà di certo in Parlamento.  Ma proprio in quella sede mi auguro, come già sottolineato da altri colleghi che possa esserci una chiara e intransigente posizione comune di tutti i parlamentari lombardi, di maggioranza e opposizione, per evitare eccessive e ingiuste penalizzazioni del nostro territorio. Per una volta, questo è il mio appello, mettiamoci tutti dalla parte dei cittadini lombardi.

Purtroppo l’aula non ha trovato un accordo su un odg comune.
Metaforicamente, i cittadini sono una volta di più rimasti fuori dall’aula.

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